DORA GABE

Davobik-Bulgaria, 1886 - 1983


No me toques.

Se quemará tu mano
en el fuego que aún persiste,
en el calor aún no repartido,
en este silencio ardiente y denso
en que dormita acurrucada
una esperanza
humana e infantil
de un nuevo nacimiento,
de un nuevo encuentro.
No me toques.

VELA

... la cacciò la fame.
Oggi è il terzo giorno
che non tocca cibo.
La pioggia era cessata;
splendevan gli abeti al sole
e le rocce e i sentieri,
come lavati dallo scroscio.
Uscì, si guardò intorno.
S'avviò verso la fonte, ma scorse
una traccia. Un uomo
era passato accanto alla sorgente,
era andato di là.
La scosse un brivido di gelo.
Doveva fuggire: dove?
In su, la neve aveva
coperto e spianato tutto;
giù vegliava il nemico.
Strinse nella mano la pistola
e s'avviò. Dove? Non sapeva.
Così tentava. Poteva
incontrare un compagno,
un amico, un parente, forse.
E s'avviò inseguita dalla fame.
E marciando scorse su un colle
un gregge: no, i pastori
non l'avrebbero tradita.
Affrettò il passo e corse;
ma quattro cani da pastore
le s'avventarono incontro, sì feroci
ch'essa riuscì appena,
tremante e spaurita
a strappar dalle fauci la gonna
e a riprender la fuga.
E correndo, incontrò due bimbi
venuti nel bosco a cercar legna.
La riconobbero subito,
e s'arrestarono, come intimiditi.
Ma dopo un istante
corsero incontro a lei:
— O Vela, zia Vela,
nasconditi; la polizia
ti dà la caccia! Prendi
questo pane e scappa!
Le fu caro quell'incontro;
da tanto non vedeva più
una creatura umana. Li fissò
a fondo, negli occhi; e sorrisero
i bimbi. Fu come un bagno
per il suo cuore. Si congedò.
« Voi non direte nulla nevvero?
Non avete paura? » « O, no! »
E tacquero davvero.
Ma un altro non tacque:
la guardia forestale. La scorse
nel bosco, tornando. L'era parente,
un brav'uomo, così lo conoscevano,
non poteva tradire! Da lontano
egli la vide e la seguì
per sette giorni.
Da quel momento
non chiuse occhio per intere notti.
Ma non osava confidarsi a nessuno;
lottava entro di se, finché una volta
si confidò al suo compagno;
e insieme decisero la sorte
dell'indifesa fanciulla...
Li vinsero centomila leva...
Quando mai videro
queste montane vette
una tale fila di soldati?
Giù ai piedi del colle compare,
sale strisciando e scende
attraverso la strada
e si allunga come un arco
abbracciando i due versanti
delle montagne,
e striscia in su, verso il nemico.
Il nemico?
E' un uccello addormentato nel nido.
Perché temete tanto?...
Entra la testa della serpe
su, nella pineta,
e la coda ancora si torce
laggiù in basso. O Arapcal,
incoronato dal fulgor del sole,
le sue vette son d'oro,
risplendono le rocce.
Perché taci? Non avvamperà
qui la battaglia
fra i soldati e la fanciulla?
Tra il drago e la samodiva?
Un canto canterà la partigiana,
Vela; un canto di popolo.
E il nostro giorno turbinoso
lo tramanderà
al secolo avvenire:
e sotto sarà inciso
con lettere di fuoco,
L'UOMO.....

Poesia dedicata alla partigiana Vela Peeva

(Traduzione di Luigi Salvini)


CONGEDO PER CONVALESCENZA

Sotto il mio tetto, son tre a soffrir di nostalgia
per la lor casa, là, in Ucraina;
ma ormai la casa non c'è più.
Restano delle fotografie, dei ricordi,
il nome del villaggio: un necrologio.
Non aver nostalgia, giovanotto dagli occhi azzurri,
con i tuoi ventisei anni!
Quando entra il cosacco del Don
la mia porta ne accoglie a fatica
le spalle, e il colbacco grigio.
Rintanano sul « parquet » gli stivali,
una tonante voce baritonale riempie la sala
insieme all'odore del tabacco.
— Ehi, cosacco! — dentro la sua cornice trema
la Venere dagli occhi cangianti (è del Botticelli)
i suoi occhi non hanno mai veduto
una testa così irsuta;
non la fissare,
non la occhiare!
— Avevo una sorellina, le somigliava tanto.
In cucina c'è il cuoco:
ha gli occhi rossi,
però non piange. E tace sempre.
— Perché non dici mai nulla, Hricko?
Sorride mansueto,
con la mano mi fa un cenno.
— Su, raccontami di tua moglie,
dei bambini!
— Chissà dove sono... è grande la Russia!
Il mio villaggio non c'è più...
Mia figlia, m'han detto che è a Berlino,
l'hanno portata via quelli là...
La rivedrò forse, quando ci incontreremo...
O, questi soldati feriti,
nella loro terra ferita!
Tornerete a passare
intonando il canto cosacco
su d'un camion gremito
attraverso le nostre strade.
— Addio! Addio!
Tremeranno le case diroccate;
per le occhiaie delle finestre
in un brandello di cielo
brillerà nel turchino, su noi,
uno strano aeroplano
come una stella,
come un alato saluto!

(Traduzione di Luigi Salvini)

NON GUARDARMI COSI'…

Non guardarmi così, non mi guardare!
Non è per me questo tuo sguardo. In esso
di tenerezza e di passion riflesso
il fuoco acceso d'altro cuore appare.

China la fronte al suolo vengo invano 
accanto a te con passo lieve e lento 
e le sgorganti tue parole sento 
riversar il tuo cuore piano piano.

Del suo fascino in te vedo l'ardore... 
Non mi guardar con quello sguardo ardente;
con la tua tenerezza travolgente 
anche l'incubo cresce nel mio cuore!

(Traduzione di Enrico Damiani)
Fonte: Antologia della Lirica Bulgara, Volume Secondo, a cura di Luigi Salvini, Edizioni di cultura A.I.B. 1960
-(de 24 poetas búlgaros, selección y traducción de Rumen Stoyanov y Rubén Vela, Costa Rica, Editorial Universitaria Centroamericana, 1984)

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